LA VALIGIA GIALLA DI ANTONINO SCHIERA – RECENSIONE DI LINDA CALCAGNO.
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Antonino Schiera porta con sé e quindi nella sua comunicazione poetica ed in prosa, il bagaglio personale, le esperienze interiori ed esterne, il suo vissuto emotivo, gli stati d’animo e le emozioni provate nel corso del suo percorso di vita. La capacità comunicativa dello scrittore si fonda sul suo vissuto percettivo: il suo è un mondo letterario fatto di sensi e sensazioni che ci “parla” di come egli ha vissuto le cose e gli eventi.
Il titolo del racconto autobiografico La valigia gialla conduce la mente del lettore all’immagine concettuale del viaggio. Quello del viaggio è un motivo presente nella letteratura italiana e straniera: esso è inteso come “cammino umano“, come un percorso ad ostacoli che condurrà al cambiamento e alla crescita della persona.
Tutti noi conosciamo la figura di Ulisse che, nel mondo classico, rappresenta l’eroe che con la sua astuzia ed intelligenza è il protagonista di molteplici avventure, incontri e, solo dopo aver superato innumerevoli difficoltà riesce a raggiungere la meta, la sua patria, dove ritroverà i propri affetti. Non è forse metafora di un rinnovamento spirituale, il viaggio compiuto da Dante nella Divina Commedia? Al suo arrivo, non vedrà forse la “luce”?
Quello del protagonista-autore, è un viaggio reale e nel contempo metaforico, una sorta di trapasso, è l’attraversamento di un tunnel buio e lentamente si trasformerà in un percorso di miglioramento sino ad arrivare a vedere “la luce”, ossia la ricomposizione del sè, sia come uomo, che essere sociale in grado di rapportarsi positivamente con gli altri. La stima, l’amore per se stessi, il “volersi bene” costituiscono le fondamenta, le basi su cui edificare l’intricata rete di rapporti sociali. Sono gli eventi luttuosi, gli amori sbagliati, le esperienze negative che costellano la vita, a far vacillare la capacità dell’essere umano di “volersi bene” ed ecco che, passo dopo passo, si inizia a percorrere la strada della perdita dell’autostima per poi imboccare il tunnel della tristezza e della sofferenza.
Ecco la metafora del titolo del racconto: non a caso la “valigia” è “gialla”. Cosa richiama alla mente del lettore il colore giallo?
Johann Wolfgang von Goethe affermava che <Il giallo è il colore più prossimo alla luce>. Quasi tutta l’opera artistica di Van Gogh è dominata dal colore giallo. Giallo significa luce, significa verità. È il colore del sole e della luminosità, simbolo di allegria e di gioia, di quella “luce” a cui tutti noi aneliamo nei momenti bui e grigi della nostra esistenza. E’ proprio questo giallo a dare l’input al protagonista ed a tutti coloro che sono costretti a lasciare la propria terra: è palese l’urgenza dell’autore di evidenziare l’attuale problema dell’emigrazione e le conseguenze psicologiche da esso derivanti.

In Germania, terra in cui il protagonista si reca, incontrerà lo zio che aveva già intrapreso, negli anni Sessanta, “il viaggio della speranza”, in cerca di lavoro, lasciando Palermo e con essa legami, affetti ed i propri cari. Chi è l’emigrato? Non è, forse, colui che in preda alla disperazione e alla delusione, è costretto a prendere in mano la sua valigia gialla? Non è, forse, un viaggio di speranza e di desiderio di luce, quello di chi lascia la propria terra natia e con essa i propri congiunti?
L’autore, identificatosi nel protagonista della storia, intraprende negli anni Novanta, in compagnia della sua “valigia gialla”, un viaggio di speranza in Germania e poi in Olanda, per raccogliere i tasselli e ricostruire il puzzle della sua esistenza.
Un grande amore spezzato aveva generato nel protagonista “il mal di vivere”, determinando una situazione di incertezza, di frantumazione del proprio io, di immensa sofferenza che aveva avuto delle inevitabili ripercussioni sulla sua vita. L’autore, tramite dei flashback, fa “rivedere” al lettore quelle situazioni drammatiche e traumatiche da cui ha origine lo scaturire della sua sofferenza emotiva.
Ammantato dalla paura e solo sul treno, il protagonista rivive i momenti di ansia, i timori e gli interrogativi che hanno preceduto la dichiarazione dei propri sentimenti e poi il concretizzarsi del primo amore. Chi di noi non conserva in modo indelebile quelle sensazioni vissute durante la propria adolescenza, i primi battiti del cuore, legate al nascere di questo sentimento? Eleonora, un nome, un sogno, il sogno del protagonista. Il primo amore, ma proprio quando il rapporto si sarebbe dovuto concretizzare, spiccare il volo e come dice l’autore, con un’immagine bellissima, doveva mettere <le ali dell’amore>, inizia, invece, il suo inesorabile declino.
Dalle pagine del racconto emerge il profondo senso di dolore, disperazione, delusione ed amarezza che avvolge l’io del protagonista che tenterà un gesto estremo.
I successivi incontri con le donne, saranno sempre vissuti e descritti nelle pagine del racconto con immagini ed aggettivi che lasciano ampiamente trapelare il desiderio di vivere una storia di vero amore, di dolcezza e di coinvolgimento fisico e spirituale ma, purtroppo, anche essi sono destinati a divenire fantasmi. Seppur molteplici esperienze negative devastino la vita del protagonista, esse costituiscono la molla dell’urgenza di “fare la valigia”, quindi di abbandonare la propria città e recarsi in Germania.
Il lettore sente fortemente il sentimento di nostalgia provato dal viaggiatore e il suo bisogno di rimanere legato alle radici natali, ma forte e primaria è l’urgenza di ricercare nuovi stimoli vitali. L’esigenza di guardare avanti e al futuro costituisce il motore per affrontare nuove sfide e riflettere sulla propria interiorità.
Egli è solo, non conosce la lingua tedesca e ciò limita le relazioni sociali: l’unica compagna è la valigia carica del suo passato, di nostalgia, di ricordi e legami spezzati, di dolore, ma anche colma di speranza, di aspettative e sfide: essa è, infatti, di colore giallo.

Il racconto, che si caratterizza per una scrittura chiara e scorrevole, suscita molteplici emozioni ed è inevitabile che le avventure del protagonista facciano riaffiorare nella mente del lettore le personali esperienze dolorose.
Chi di noi non ha avuto i propri momenti bui? Chi di noi non ha vissuto la sensazione di inabissarsi nel mare profondo e buio? E chi di noi non ha intrapreso, dopo l’abisso, un viaggio di risalita, di speranza, di auto-ricostruzione, di ritrovamento della luce e quindi di rinascita?
Si può concludere con un’affermazione di Marcel Proust: <Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi>.
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