La fragilità dell’esistenza, la sua ineludibile caducità, il mistero che la circonda, la comune sorte di finire, sia che siamo “foglia di rosa”, sia che siamo “foglia di alloro” o “foglia di faggio”…quanti interrogativi in questi brevi versi, molto meno noti di altri, del grandissimo Leopardi! (Renatag)
La foglia è il titolo evocativo della poesia di Giacomo Leopardi, che oggi vi invito a leggere all’interno del mio blog RIFLESSIONI D’AUTORE. È una foglia non più attaccata al suo ramo (“lungi dal proprio ramo, povera foglia frale, dove vai tu?”), è una foglia che viaggia lontana trasportata dal vento (“dal faggio là dov’io nacqui, mi divise il vento”). È il pessimismo cosmico tipico del nostro grande poeta in quanto il distacco della foglia dal proprio ramo non è certamente foriero di buone nuove in un contesto, all’interno del quale, fragilità (frale) e viaggio (“eco perpetuamente vo pellegrina”) convivono. Razionale pragmatismo ovvero consapevolezza che nella vita non ci sono, come noi speriamo, soltanto cose belle. Interessante nel finale il riferimento all’alloro e alla rosa. L’alloro che, nell’antichità greco-romana, era sacro ad Apollo, e simbolo di sapienza e di gloria. La rosa simbolo di amore, devozione, ammirazione, bellezza e perfezione e del segreto e lo svelare con delicatezza. (Antonino Schiera)
Lungi dal proprio ramo,
povera foglia frale,
dove vai tu? Dal faggio
là dov’io nacqui, mi divise il vento.
Esso, tornando, a volo
dal bosco alla campagna;
dalla valle mi porta alla montagna.
Seco perpetuamente
vo pellegrina, e tutto l’altro ignoro.
Vo dove ogni altra cosa,
dove naturalmente.
va la foglia di rosa,
e la foglia d’alloro.
GIACOMO LEOPARDI