Il giorno 23 aprile 2022, alle ore 16.30, presso il plesso comunale Calogero Zucchetto di via Regia Trazzera ad Altavilla Milicia si è tenuta la presentazione del romanzo Lo scheletro rosa, ultima opera letteraria della scrittrice siciliana Matilde Di Franco. L’incontro con i lettori è organizzato dall’Associazione Termini d’Arte, la cui presidentessa è la poetessa Rita Elia, con il patrocinio del Comune di Altavilla Milicia e la collaborazione della FIDAPA di Altavilla Milicia. Erano presenti l’autrice del romanzo, l’assessore alla cultura Rita Lazzara, la presidente dell’associazione culturale Rita Elia, la professoressa Mariella Cirafici, la lettrice Maria Cancilla.
Testo del mio intervento su Lo scheletro rosa romanzo di Matilde Di Franco
Comincio il mio intervento con una valutazione personale molto positiva del romanzo di Matilde Di Franco Lo scheletro rosa edito da Nulla Die nell’anno 2021. Una storia dalla trama ben strutturata, che si legge in maniera scorrevole e che contiene una serie di messaggi che portano a riflettere sulla nostra società, frutto di comportamenti e retaggi culturali del passato e più in generale della nostra storia. Non dimenticando che ciascuno di noi è il risultato del proprio vissuto, delle proprie esperienze, del contesto sociale e familiare in cui siamo cresciuti.
Se la storia raccontata da Matilde Di Franco fosse accaduta in un’altra area geografica e magari più avanti negli anni, considerazione che una delle protagoniste esterna in un dialogo all’interno del libro e che faccio mia, probabilmente il dramma vissuto da Sara avrebbe avuto tinte meno fosche. Ci sarebbero stati meno condizionamenti, meno dolori e si sarebbero evitate scelte che hanno influenzato in negativo l’esistenza dei protagonisti.
Dicevo che il romanzo di Matilde Di Franco porta il lettore a fare una serie di considerazioni una di queste attiene a una domanda che l’uomo si pone da sempre ovvero siamo noi artefici del nostro destino? Abbiamo gli strumenti per determinarlo e indirizzarlo come noi vogliamo? Oppure esiste per ciascuno di noi un disegno prestabilito, caratterizzato da eventi che influenzano la nostra esistenza? Per aiutarci a dare una risposta vi fornisco due spunti di riflessione uno cinematografico e l’altro metaforico. Nel 1983 è stato prodotto un film dal titolo Una poltrona per due di John Landis interpretato da Eddie Murphie e Dan Aykroyd. Le vite di un broker e di un mendicante a New York vengono stravolte a causa di una scommessa di due ricchi annoiati: il ruolo dei due sarebbe stato invertito ovvero uno avrebbe preso il posto dell’altro e viceversa, senza che i due ne sapessero nulla. La scommessa si basava su una domanda: il ricco broker viveva una vita agiata perché il destino gli aveva dato la possibilità di studiare e di avere ottime conoscenze? Era veramente così bravo? E al contrario il mendicante sarebbe stato ricco e felice, all’altezza della situazione, se avesse avuto le stesse possibilità del primo? Meritava pertanto di vivere al freddo chiedendo l’elemosina?
Ed ancora metaforicamente mi piace rappresentare la vita come un fiume che al suo primo volgere sgorga dalla sorgente. Acqua pura e cristallina come un bimbo appena nato. Un fiume, inizialmente acerbo come un ruscello, che comincia a scendere verso valle, che disegna nuove anse, insenature, cascate e che si nutre degli affluenti. La sua meta è il mare dove avviene la trasformazione. Il fiume è obbligato a rispettare le leggi della fisica e questa è la parte che non dipende da noi, ma nello stesso tempo il fiume è capace di forgiare e scavare il terreno, costruendo il proprio percorso, con la sua forza dirompente. Questa è la parte attiva della nostra vita, quella che ci permette di determinarla con le nostre azioni. Gli affluenti rappresentano, invece, i fatti che influenzano la nostra esistenza: ingigantiscono di esperienza e di maturità la nostra vita, ma possono anche sporcarla.
Il riferimento è a Sara che non riesce a elaborare un enorme dolore e sprofonda nelle tenebre della pazzia a causa di decisioni prese dalla sua famiglia e alle quali nessuno aveva osato opporsi. Un dolore acuito dalla terribile sensazione di essere stati traditi dalle persone più care, le persone che invece avrebbero dovuto proteggerla.
Un altro tema affrontato nel libro fa riferimento al ruolo della donna e al condizionamento della società, nella fattispecie parliamo del primo decennio del secolo scorso, caratterizzato da regole ferree, dal mantenimento della morale e degli interessi di famiglia. Va detto senza ipocrisie che tutti noi desideriamo che i sentimenti amorosi, la nascita di un bimbo possano avvenire nell’ambito delle regole familiari e sociali prestabilite, ma è inaccettabile che una delle protagoniste possa subire quanto le è successo: l’amore per un nuovo essere vivente pronto a venire alla luce dovrebbe prevalere su ogni altra considerazione.
Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchio rispetto a un periodo in cui la donna era relegata a un ruolo secondario, periodo storico ben descritto da penne importanti e di grande qualità quali quelle di Giovanni Verga nell’opera I malavoglia. Il romanzo narra la storia di una famiglia di pescatori che vive e lavora ad Aci Trezza, un piccolo paese siciliano nei pressi di Catania. Ha un’impostazione corale e rappresenta personaggi uniti dalla stessa cultura ma divisi dalle loro diverse scelte di vita, soverchiate comunque da un destino tragico ed inevitabile, anche in questo caso determinato dal condizionamento familiare in primo luogo quello del patriarca, l’anziano padron ‘Ntoni.
Torniamo, quindi, all’opera di Matilde Di Franco che a mio modo di vedere è caratterizzata da scelte narrative molto interessanti, ad esempio quando Martina, la protagonista principale, all’inizio della storia si racconta ai lettori attraverso la trascrizione del suo dialogo interiore. Questo aspetto e non solo, con riferimento al comportamento del padre padrone, mi ha riportato alla mente gli insegnamenti del grande psicologo canadese Eric Berne autore della teoria dell’analisi transazionale che elabora e spiega nei suoi studi i tre stati mentali dell’io bambino, dell’io adulto e dell’io genitore. Semplificando sono i diversi stati all’interno dei quali dialoghiamo con noi stessi e che sono influenzati dall’educazione impartita dai genitori i quali, a loro volta, agiscono ricalcando un copione o uno script (inglesismo) che gli sono stati a loro volta inoculati. Il miglioramento e l’adattamento alle situazioni difficili che si presentano, come l’accettazione di uno scandalo familiare, passano attraverso la riscrittura di questi copioni e non tutti hanno la forza ed il coraggio di farlo.
Una narrazione che non scade mai di tono e di ritmo caratterizzata dalla scelta dell’io narrante che porta i lettori ad affezionarsi alla protagonista principale, nipote, figlia, sorella, fidanzata e in alcune fasi della storia anche detective. È opportuno sottolineare che all’interno del romanzo si trovano alcuni brani legati al mondo onirico e all’immaginazione frutto della scrittura fervida e creativa dell’autrice. Il libro si chiude con la lettura di un diario e questo finale molto bello da solo vale l’acquisto e la lettura dell’opera di Matilde Di Franco.
Concludo il mio intervento auspicando che il percorso di emancipazione femminile intrapreso nel recente passato, che si manifesta anche attraverso l’attuazione delle pari opportunità, possa continuare a evolversi consentendo, pertanto l’affermazione di una società civile sempre più evoluta e al passo con i tempi. E non posso che fare un riferimento al ripugnante fenomeno del femminicidio ricordando che non si uccide soltanto con la violenza fisica, ma anche con quella psicologica.
Antonino Schiera 23.04.2022
Galleria fotografica dell’evento ad Altavilla Milicia del 23.04.2022













































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Per acquistare i romanzi di Matilde Di Franco Articolo sul sito d'informazione Il Salto della Quaglia Associazione FIDAPA