Il 19 ottobre 2019 si è svolta a Villa Piccolo di Calanovella a Capo D’Orlando, la prima presentazione assoluta della mia terza silloge poetica MEDITARE E SENTIRE data alle stampe dal Convivio Editore (PER I DETTAGLI RELATIVI ALLA PRESENTAZIONE CLICCA QUA). I relatori erano il poeta e scrittore Biagio Balistreri e la scrittrice Antonella Ricciardo Calderaro della quale riporto il suo intervento nella sua interezza e alla quale vanno i mie sentiti ringraziamenti, estesi al Presidente della Fondazione Famiglia Piccolo di Calnovella l’avvocato Andrea Pruiti Ciarello.
Antonino Schiera
“Sono poeta, narratore e blogger”. Così si presenta Antonino Schiera sul suo blog e credo che questa sia proprio, anche nell’ordine dei termini, l’essenza piena di Antonino: consulente assicurativo nel quotidiano, esperto di marketing e comunicazione come settore formativo, permea ogni aspetto della sua esistenza dell’esigenza, per lui primaria e vitale, della poesia. Un’esigenza prepotente, che gli consente di percepire l’afflato lirico, la suggestione di persone e situazioni, la magia ancestrale di luoghi come Villa Vina, che ha visitato in uno dei suoi frequenti soggiorni a Capo d’Orlando. Per inciso, Antonino nasce e vive a Palermo, ma è talmente innamorato della nostra cittadina da tornarci, con la sua compagna, in occasione delle ferie estive e spesso nei fine settimana.
Ricordo che, con umiltà, quasi con una sorta di timore, mi ha confessato il desiderio che la sua ultima creatura, la sua silloge poetica Meditare e sentire, ricevesse l’imprimatur del meraviglioso scenario della Villa, proprio perché Antonino aderisce ai luoghi archetipici e li restituisce sotto forma di poesia. Al Presidente della Fondazione ed a me è sembrato giusto accontentarlo, soddisfare il suo desiderio!
Ecco, in sintesi, il suo iter letterario: risale al 2013 il suo esordio con la pubblicazione della “Raccolta di poesie, aforismi e dediche d’amore” Percorsi dell’anima; seguono, nel 2015, due brevi storie, Moderno emigrante e Natale a Trieste, e, nel 2016, la seconda silloge poetica, Frammenti di colore, finalista nella sezione poesie del 2° Premio letterario-giornalistico “Piersanti Mattarella”. Vanta la collaborazione con quotidiani e riviste, senza contare la sua costante attività di promotore e organizzatore di eventi culturali [sono sue, ad esempio, l’ideazione e la conduzione dell’evento “Calici di Poesie” ad Isnello, che ha suscitato l’apprezzamento di critici e pubblico].
Senza dubbio, è riscontrabile dalla prima alla terza raccolta un proficuo percorso di ricerca e di crescita, che si raddensa attorno alla riflessione sull’essenza stessa della poesia e sulla sua valenza, riflessione già presente nell’incipit della silloge che oggi presentiamo e, peraltro, preannunciata dal titolo, che ne contiene già il Leitmotiv: la quadratura del cerchio, la coincidenza degli opposti, dati dai due elementi “meditare”, con accezione che rimanda alla sfera della ratio, e “sentire”, che risulta anfibologico, e quindi ambiguo, ma comunque rinvia al campo della percezione.
E, a proposito di ambiguità, mi piace rilevare che è la medesima ambiguità del percorso che guida Antonino dalla narrativa poematica e dalla prosa lirica alla tensione estrema, all’inarcamento propri della poesia, che conduce, quand’è autentica, ad una vertigine d’infinito.
En passant, a mo’ di annotazione, ricordo a me stessa che le due azioni, “meditare” e “sentire”, in posizione inversa, sono presenti nel decalogo laico In morte di Carlo Imbonati di Alessandro Manzoni, carme che, com’è noto, l’autore ripudiò, ma che contiene in nuce i pilastri della sua poetica.

E, quasi a voler dimostrare e ribadire la natura della sua ispirazione, Antonino fa seguire a “Riflessioni e pensieri” sulla valenza della poesia un carme-manifesto dallo stesso titolo, il cui Leitmotiv è isolabile con facilità nella tensione verso l’equilibrio cosmico; dello stesso carme si identificano, poi, cifra, genere e cadenza in un continuum narrativo-poetico che ha il sapore del flusso di coscienza e che esalta le interferenze tra la sequenzialità del tempo narrativo e la verticalità del tempo della poesia.
Mi piace, a questo punto, segnalare, all’interno della raccolta, un itinerario ideale in sette tappe, che mi sembra possa evidenziare la linea progressiva cui accennavo prima, con un incipit nell’ “omino” del componimento Il cammino, una breve pausa nel “limbo” di Desolazione, un accenno di transizione nel tempo futuro delle azioni di La rosa dei pensieri, una stasi apparentemente descrittiva nell’omaggio a Palermo di Le balate della Vucciria, un’accelerazione nell’ “ossimoro duale” di Vele, l’universalizzazione delle emozioni nei “bagliori cosmici” di Notte di San Lorenzo, per approdare, infine, all’ “aria che tutto intorno purifica” di Neve.
Altrettanto evidente, all’interno dell’itinerario, è la Weltanschauung del poeta: una concezione del mondo, della vita e della funzione dell’uomo interamente permeata di una forza cosmica primordiale, facilmente riconducibile all’amore, in tutte le sue declinazioni.

Certo, affiora a tratti nei versi qualche grumo magmatico indistinto, traspare a volte tra le pieghe della pagina una voluttà di pianto, un singulto, soffocato in alcuni casi, in altri esplodente ed esplosivo. Ma prevale su tutto la densità, a tratti naïf, di ‘presenze’ (la donna, il viaggio, il treno, il mare…) che riconducono ad archetipi solari, certamente pregnanti di potenzialità di vita. Basterebbe individuare, a riprova di quanto appena affermato, la ‘presenza’, fisica e metaforica, del mare [e/o dell’acqua] in tutte le liriche della silloge, al punto che mi sembra che proprio la voce del mare farebbe volentieri da sottofondo musicale alle poesie, tanto sono impregnate di essa, come traspare anche dall’illustrazione di copertina, dominata da tonalità e sfumature di colore che, dal blu cobalto all’azzurro tenue e al bianco, mi suggeriscono il ritmo vitale alterno di sistole e diastole.
E ancora, per tutta la silloge ho individuato una costante oscillazione tra una realtà concreta, spessa, tangibile e una torbida, sfuggente, greve, plumbea e spesso mistificata e mistificante.
“S’inseguono sogni e reali inquietudini / come schizzi nella tela / della nostra esistenza”, scrive l’A. in Crepuscolo. E a me vien da pensare ad emozioni non seguite e verbalizzate nel loro flusso vitale, ma incistate e restituite sotto forma di macchie d’inchiostro, non inquietanti, ma rasserenate dallo sguardo superiore del sublime della poesia.
Antonino, insomma, accarezza l’immagine di un sé sul punto di essere fagocitato entro le pieghe e le piaghe di un’esistenza percepita come campo minato, ma nell’atto successivo di essere sollevato e salvato dal potere demiurgico della poesia.
In conclusione, quando ho iniziato a leggere le poesie di Antonino Schiera, mi sono chiesta se avessero la natura di ειδύλλιον, di bozzetti naturalistici rasserenanti e idealizzati, o se avessero l’essenza e la complessità di flussi di coscienza, se avessero valenza lirica o meditativa. Oggi concludo che queste poesie sono, semplicemente, portatrici di essenza di canto e, se è vero che il sorriso è il respiro dell’anima, le liriche di Antonino respirano…e sorridono!
Antonella Ricciardo Calderaro