A causa del massiccio avvento negli ultimi anni dei social network, siamo oggi bombardati da notizie, commenti, false notizie che rischiano di confonderci le idee rispetto ai fatti importanti che riguardano le nostre vite. Fatti che possono essere localizzati o, all’estremo opposto, di valenza globale. Il Coronavirus e la sua tanto temuta diffusione rappresenta oggi un problema di cui si parla molto, sia nei mezzi di comunicazione di massa che nei social network, ma anche nelle chat di gruppo. Se ne parla tanto perché fa paura e perché coinvolge emotivamente tutte le nazioni, nessuna esclusa. I commenti si sprecano e non mancano le polemiche che coinvolgono anche importanti studiosi e luminari della scienza.
Ognuno dice la sua. L’unica verità acclarata è relativa al fatto che ciascuno di noi ha una paura matta dell’unico evento veramente certo che ci accadrà prima o poi a partire dal preciso istante in cui veniamo concepiti: la trasformazione in altro, come mi piace definire la dipartita.
Ma vediamo insieme quelle che sono le zone d’ombra di questa emergenza, che i più pessimisti classificano come potenziale pandemia mentre i più ottimisti la declassano a epidemia in atto.
Innanzitutto non si hanno notizie certe sull’origine di questo virus: qualcuno ipotizza che sia uscito per errore dai laboratori cinesi, altri invece parlano di complotti e guerre batteriologiche tra potenze mondiali, altri ancora addebitano l’evoluzione pericolosa del coronavirus alle cattive abitudini alimentari e igieniche dei cinesi. La Cina e il suo presidente Xi Jinping (leggi il mio post sulla sua recente visita in Italia) al netto del sospetto che abbia gravemente ritardato a dare la notizia sul pericolo imminente, sembra si stia comportando bene, nel senso che non ha preso sottogamba la situazione ed ha preso tutti i provvedimenti necessari perché quanto meno l’epidemia in atto non diventi pandemia.
Un’altra zona d’ombra, che mette in difficoltà e genera paura, riguarda le condizioni relative al contagio. Nel momento stesso in cui gli scienziati hanno divulgato la notizia, ipotesi non confermata finora, che il virus può essere trasmesso da persone che non hanno i sintomi della malattia. La paura fa perdere la razionalità riguardo le decisioni da prendere, riguardo il conteggio degli ammalati, dei morti e delle persone guarite. Si era anche ventilata l’ipotesi catastrofica che, anche dopo la guarigione rimaneva una positività potenzialmente ancora infettiva. Da qui la decisione, spesso contestata, di chiudere intere città e, peggio ancora per chi vive l’esperienza, navi con tutte le persone a bordo.
Riguardo la necessità di arginare l’epidemia attraverso il controllo degli spostamenti e la messa in quarantena delle persone a rischio contagio, va ricordato che non è un’operazione semplice e va ricordato che il focolaio del coronavirus parte dalla Cina, che ha una popolazione di oltre un miliardo di persone. I numeri si prestano sempre a diverse interpretazioni, ma una cosa è certa: fino ad ora l’epidemia non è esplosa in tutto il mondo e non è diventata certamente pandemia.
Noi italiani abbiamo sperato fino all’ultimo di non essere toccati dal contagio, speranza disattesa dalle notizie prima provenienti dal nord e successivamente dal sud Italia e con le varie regioni che vengono toccate giorno dopo giorno, ma con numeri finora per fortuna esigui. Anche da noi non sono mancate le polemiche politiche, ma soprattutto le divergenze tra scienziati e luminari sulle strategie di lotta al virus da adottare e sull’analisi del fenomeno.
Ma vediamo cosa ha dichiarato il direttore Europa dell’Organizzazione Mondiale della Salute, Hans Kluge, in queste ore: “Ad oggi ci sono 80.980 casi di Covid-19 in 33 paesi, 13 dei quali nella Regione europea. Oltre il 95% dei casi è in Cina, solo il 3% al di fuori. I nostri pensieri vanno a tutti i cittadini nel mondo in Europa e in Italia colpiti dal virus. Quattro soggetti su cinque affetti da coronavirus hanno sintomi lievi e si riprendono, mentre il tasso di mortalità è del 2%, in soggetti soprattutto sopra i 65 anni con altre patologie. Da esperto di malattie infettive dico però che chiunque muoia è già troppo”.
Walter Ricciardi membro italiano dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e neoconsigliere del ministro della Salute, ha dichiarato: “Dobbiamo ridimensionare questo grande allarme, che è da non sottovalutare, ma va posto nei giusti termini: su 100 persone malate, 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi seri ma gestibili, solo il 5 per cento è gravissimo”
Questi dati sono incoraggianti perché dimostrano che il tasso di guarigione, in attesa del vaccino, è alto e l’augurio è che tutto possa risolversi presto e nel migliore dei modi anche perché l’economia mondiale, non esclusa naturalmente l’Italia, ne sta soffrendo le conseguenze.
Per chiudere la mia riflessione sottolineo il fatto che ognuno di noi, enti, politica, sanità, stati deve fare la sua parte per risolvere tutti insieme la questione così come egregiamente dalla favola africana del colibrì che riporto qua.
La favola del colibrì
Un giorno nella foresta scoppiò un grande incendio. Di fronte all’avanzare delle fiamme, tutti gli animali scapparono terrorizzati mentre il fuoco distruggeva ogni cosa senza pietà. Leoni, zebre, elefanti, rinoceronti, gazzelle e tanti altri animali cercarono rifugio nelle acque del grande fiume, ma ormai l’incendio stava per arrivare anche lì. Mentre tutti discutevano animatamente sul da farsi, un piccolissimo colibrì si tuffò nelle acque del fiume e, dopo aver preso nel becco una goccia d’acqua, incurante del gran caldo, la lasciò cadere sopra la foresta invasa dal fumo. Il fuoco non se ne accorse neppure e proseguì la sua corsa sospinto dal vento. Il colibrì, però, non si perse d’animo e continuò a tuffarsi per raccogliere ogni volta una piccola goccia d’acqua che lasciava cadere sulle fiamme. La cosa non passò inosservata e ad un certo punto il leone lo chiamò e gli chiese: “Cosa stai facendo?” L’uccellino gli rispose: “Cerco di spegnere lincendio!” Il leone si mise a ridere: “Tu così piccolo pretendi di fermare le fiamme?” e assieme a tutti gli altri animali incominciò a prenderlo in giro. Ma l’uccellino, incurante delle risate e delle critiche, si gettò nuovamente nel fiume per raccogliere un’altra goccia d’acqua. A quella vista un elefantino, che fino a quel momento era rimasto al riparo tra le zampe della madre, immerse la sua proboscide nel fiume e, dopo aver aspirato quanta più acqua possibile, la spruzzò su un cespuglio che stava ormai per essere divorato dal fuoco. Anche un giovane pellicano, lasciati i suoi genitori al centro del fiume, si riempì il grande becco d’acqua e, preso il volo, la lasciò cadere come una cascata su di un albero minacciato dalle fiamme. Contagiati da quegli esempi, tutti i cuccioli d’animale si prodigarono insieme per spegnere l’incendio che ormai aveva raggiunto le rive del fiume. Dimenticando vecchi rancori e divisioni millenarie, il cucciolo del leone e dell’antilope, quello della scimmia e del leopardo, quello dell’aquila dal collo bianco e della lepre lottarono fianco a fianco per fermare la corsa del fuoco. A quella vista gli adulti smisero di deriderli e, pieni di vergogna, incominciarono a dar manforte ai loro figli. Con l’arrivo di forze fresche, bene organizzate dal re leone, quando le ombre della sera calarono sulla savana, l’incendio poteva dirsi ormai domato. Sporchi e stanchi, ma salvi, tutti gli animali si radunarono per festeggiare insieme la vittoria sul fuoco. Il leone chiamò il piccolo colibrì e gli disse: “Oggi abbiamo imparato che la cosa più importante non è essere grandi e forti ma pieni di coraggio e di generosità. Oggi tu ci hai insegnato che anche una goccia d’acqua può essere importante e che insieme si può spegnere un grande incendio. D’ora in poi tu diventerai il simbolo del nostro impegno a costruire un mondo migliore, dove ci sia posto per tutti, la violenza sia bandita, la parola guerra cancellata, la morte per fame solo un brutto ricordo.”
2 pensieri riguardo “Riflessioni – Coronavirus: una nuova emergenza mondiale.”